Eva Colombo, Il nostro oro, capitolo quinto: I pioppi ed il lampo
 
Eva Colombo, Il nostro oro, capitolo quinto: I pioppi ed il lampo
Era tanto tempo fa, verso la fine di luglio, come ora. Sedevamo sotto i pioppi lungo il Po ed io ti feci notare che alcune foglie erano già ingiallite. Ad occidente, nuvole che erano come una marea di melma stavano per inghiottire il sole che al tramonto brillava più intensamente come se volesse non essere dimenticato. Le foglie ingiallite dei pioppi scintillavano ed il vento aumentava e ne staccava alcune che erano come faville contro la cenere delle nuvole, che erano come scintille del sole che non voleva arrendersi. Io ti dissi che i Greci credevano che i pioppi del Po fossero le sorelle del sole che piangono lacrime d’ambra per il fratello annegato ed afferrai una foglia scintillante che il vento faceva roteare. Stava per cadere nel fiume ed io l’avevo salvata, la mia mano era come una goccia d’ambra che avrebbe conservato quella foglia scintillante come un amuleto. Tu non capivi allora io ti ricordai il titolo di quella canzone dei Led Zeppelin, Carouselambra. Per me significava proprio questo: preservare una roteante scintilla di vita nel cristallo dell’arte per poterla stringere come un amuleto quanto tutto intorno a te sembra buio e morto. Poi ci fu un lampo ed il vento cessò perché il cielo tratteneva il respiro nell’attesa del tuono. Mi sembrava che la luce gelida del lampo avesse trasformato i pioppi in colonne di marmo e ti dissi che era come un quadro di Paul Delvaux del 1974, Dialogue. Una ragazza mora ed una ragazza bionda siedono tra grecizzanti colonne di marmo, in attesa, tra un cielo plumbeo ed un mare enigmaticamente calmo. E canticchiai i primi versi di Carouselambra:
<< Sisters of the way – side bide their time in quiet peace / Await their place within the ring of calm / Still stand to turn in seconds of release / Await the call they know may never come >>
Ed ero la ragazza mora che mi somiglia, seduta tra quelle colonne accanto ad un fiume risucchiato dall’ombra e nei suoi grandi occhi scuri la calda luce del tramonto scintilla ancora. Attende che la chiamata del tuono rimetta in moto il tempo, che la pioggia riporti in vita il fiume, che il fiume le mostri la via per raggiungere il mare dove ritroverà il suo tesoro naufragato e vedrà il sole sorgere di nuovo. Tu mi prendesti la mano ridendo e mi dicesti di venir via perché non ero un quadro di Delvaux e nemmeno una canzone dei Led Zeppelin ma un fragile essere umano sotto la minaccia di un temporale estivo. Ed io lasciai che tu mi portassi via dai pioppi, dal fiume e dal temporale. Ma non ti permisi di portarmi via la foglia scintillante. Era tanto tempo fa… la conservo ancora, come un amuleto. E non m’importa che tu probabilmente rideresti se sapessi che quando la guardo nutro ancora la speranza che in autunno tutto si trasformerà in oro.